Itinerari Augustei a Pozzuoli

 

Grazie al rinvenimento nella località Murecine a Pompei delle tavolette cerate del banchiere Sulpicio, del 39 d. C., è stata provata la deduzione a Puteoli di una colonia Iulia Augusta, come attestano dal Liber Coloniarum e un’epigrafe africana e come confermano anche i recenti rinvenimenti al Rione Terra e i resti di ville ed edifici sepolcrali nel territorio pertinente alla città attraversato dalla via Puteolis-Capuam. Già poco tempo dopo la fondazione della colonia repubblicana del 194 a.C., Pozzuoli divenne e rimase il porto di Roma sino almeno al II secolo d.C., quando fu sostituita dai porti imperiali di Claudio ad Ostia e di Traiano a Portus, alla foce del Tevere.
L’imperatore Augusto, conquistato il potere, promosse per propaganda politica interventi di monumentalizzazione di molte città italiche sul modello dell’Urbe. Come Roma infatti Puteoli venne divisa in Regiones e Vici, e il suo territorio ampliato verso nord a danno dell’ager Campanus,per la distribuzione di terre ai legionari e ai tribuni ricordati dal Liber Coloniarum;invariato rimase il confine con Neapolis. Ad est, la creazione del Portus Julius, insieme ai laghi costieri Lucrino - Averno, comportò l’urbanizzazione di tutto il litorale lungo la via Herculanea, detta “ripa Puteolana”, realizzata su pilae e terrapieni artificiali, con banchine e depositi, dove transitavano le merci necessarie alla capitale dell’Impero. All’estremità erano l’arco trionfale, due colonne con simulacri di divinità e, forse, il faro, monumenti disegnati sulle fiaschette vitree di età tardo-antica.
Sulla terrazza ove sorsero nella piena età imperiale l’anfiteatro maggiore e le terme, vengono costruiti in età augustea molti edifici residenziali o commerciali. Il settore sud-orientale della città è occupato da cisterne e da una fontana, ora nella Villa Avellino, che alimentava la Piscina di Centocamerelle e la Piscina Lusciano, collegate all’acquedotto del Serino, anch’esso ascrivibile ad Augusto.
I templi vennero rivestiti di marmo, a imitazione dei modelli greci, conservando l’impianto italico, con l’alto podio, il pronao e l’erto frontone su facciate caratterizzati dai colonnati corinzi e da elaborati arredi architettonici e votivi, intesi ad esaltare la nuova era del princeps.
Esempio di questo stile è l’aedes che svettata a nord del Foro augusteo, costruito in blocchi di marmo lunense, conservato pressoché solo nella cella a causa delle distruzioni ivi operate, a partire dal 1632, per trasformare il tempio in Duomo. Le sovrastrutture barocche del duomo, riaperto al culto dopo il restauro, provocarono la scomparsa del tempio capitolino, riemerso solo nel 1964 dopo un incendio.
Gli unici elementi sopravvissuti sono le colonne che sostengono la struttura del tempio, un monoptero a pianta rettangolare con sei colonne sulla fronte e nove sui lati, dotato di una cella quadrata ottenuta tamponando con pannelli la peristasi. Il tempio augusteo era accessibile attraverso due scale laterali che raggiungevano una piattaforma antistante l’aedes, servita a sua volta da una scala frontale, come nei templi romani di Venere Genitrice e del Divo Giulio.
La cella, le cui pareti interne erano disegnate in opera pseudo-isodoma alternata a lesene, era scandita, all’esterno, da quattro semicolonne e due colonne. Il fregio è liscio su tre lati, mentre il quarto recava l’iscrizione dedicatoria; su di esso poggia un cornicione simile a quello del tempio del Divo Giulio, ispirato a modelli greco-orientali. In marmo doveva essere anche il tetto dell’edificio.
L’unicità del tempio augusteo puteolano è dovuta innanzitutto alla presenza della firma dell’architetto, su di uno dei blocchi della parete di fondo della cella: L. Cocceius Auctus, liberto di un Lucius Cocceius e di un Caius Postumius, noto da altre testimonianze epigrafiche, ingegnere di Agrippa e attivo in età augustea tra il Lazio meridionale e l’area flegrea, dove si ascrive a Cocceio, come ricorda Strabone, anche tutto il sistema dei tunnel viari flegrei-napoletani.
Riguardo alla iscrizione dedicatoria, nell’incertezza circa il suo destinatario e la carica del dedicante, sappiamo trattarsi di un L. Calpurnius il quale, insieme al fratello Caio, era stato onorato di una statua dai mercanti che commerciavano ad Alessandria, in Asia e in Siria, e fu forse l’evergete per la realizzazione del tempio.
L’edificio di culto era inserito in un triportico, il cui prospetto interno è movimentato da nicchie e pilastri, illuminato da finestroni. Dal triportico si poteva accedere anche alla piazza del Foro, che era delimitato da porticati ad arcate, come conferma la presenza di una canaletta in marmo.
Anche nella piazza del Foro l’evergetismo delle élites cittadine si esprimeva nelle ricche e pregevoli decorazioni architettoniche e scultoree recuperate con gli scavi, ora esposte nel Museo dei Campi Flegrei Baia, tra le quali notevoli sono le sculture ideali, ispirate ai modelli urbani e conformi ai dettami ideologici e formali del principato augusteo.

 

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Pianta del Rione Terra con edifici antichi